Disturbi del sonno

Disturbi del sonno

I disturbi del sonno sono stati classificati in quattro categorie:

  1. disturbi dell’inizio e del mantenimento del sonno (insonnie)
  2. disturbi da eccessiva sonnolenza (ipersonnie)
  3. disturbi del ritmo sonno-veglia
  4. disturbi motorie/o vegetativi associati al sonno, a particolari stadi del sonno o a risvegli parziali (parasonnie)

Cos'è

Questo termine definisce la percezione individuale di sonno insufficiente o poco ristoratore o comunque inadeguato.

Occorre distinguere diverse caratteristiche dell’insonnia.

  • difficoltà di addormentamento
  • frammentazione del sonno
  • risveglio precoce

Sulla base della durata, si distinguono due tipi:

  • insonnia transitoria
  • insonnia cronica

Il trattamento dell’insonnia deve necessariamente tenere conto di due considerazioni fondamentali:

  • l’insonnia può essere espressione di condizioni patologiche molto diverse
  • la gravità dell’insonnia non deve essere valutata sulla compromissione del sonno, ma anche in rapporto alle sue conseguenze durante la veglia (sonnolenza, ridotte performance psicomotorie).

Come si cura

Il punto di partenza della terapia dell’insonnia è di identificare, e quindi eliminare, le cause dell’insonnia.

Modifiche dello stile di vita possono rappresentare una valida soluzione del problema. Per una buona qualità del sonno  gli insonni dovrebbero osservare alcune norme comportamentali :

  • coricarsi e svegliarsi sempre alla stessa ora
  • non svolgere esercizi fisici nelle ore precedenti l’ora di addormentalemto
  • eliminare, o quanto meno ridurre l’uso di sostanze eccitanti (nicotina, caffeina e alcol).
  • andare a letto, solo per dormire (e non per vedere la TV o per mangiare)
  • evitare il sonnellino pomeridiano, o comunque limitarlo a pochi minuti
  • esporsi con regolarità alla luce solare.

Questi provvedimenti, se pure utili, possono non essere sufficienti. In tal caso occorre associare una terapia farmacologica (nel 70% circa dei casi).

La terapia farmacologica (che concerne l’uso di farmaci sedativi) dell’insonnia va effettuato in accordo ad alcuni principi:

  • La dose del farmaco è direttamente correlabile alla comparsa di effetti indesiderati (sedazione e rallentamento delle funzioni cognitive) con effetti strettamente correlati alla dose di farmaco assunto.
  • Questi effetti si manifestano maggiormente dopo la somministrazione di farmaci con lunga emivita di eliminazione nel trattamento
  • I farmaci devono essere correlati alla tipologia dell’insonnia:
    • a) per le insonnie caratterizzate da difficoltà all’addormentamento sono indicati composti a breve durata di azione. I farmaci devono essere assunti 30-60 minuti  prima di coricarsi;
    • b) per le insonnie caratterizzate da frequenti risvegli notturni il farmaco può essere assunto subito prima di spegnere la luce;
    • c) per le insonnie caratterizzate da risvegli mattutini precoci (usualmente prima dell’alba), è principalmente indicato un antidepressivo (il risveglio mattutino precoce è frequentemente associato a un disturbo depressivo). Più di frequente si suole associare l’antidepressivo (amitriptilina, mianserina, trazodone, etc) con un sedativo.

I farmaci sedativi oggi maggiormente usati sono le benzodiazepine, malgrado gli effetti indesiderati a cui può dare luogo (miorilassamento, ridotta coordinazione motoria , riduzione della memoria, sonnolenza) mentre l’uso dei barbiturici è in declino. Questi effetti indesiderati sono ridotti scegliendo farmaci ad emivita più beve.

Un frequente effetto secondario all’assunzione protratta (anni) delle benzodiazepine (fenomeno frequente, dovuto ad una diffusa pratica di autosomministrazione) è l’assuefazione al farmaco, con l’instaurarsi di una sostanziale dipendenze. Infatti, in soggetti assuefatti alle benzodiazepine la brusca interruzione delle assunzioni del farmaco manifesta effetti indesiderati importanti: l’insonnia rebound e l’ansia rebound.

Per ovviare a tali effetti, lo svezzamento dalle benzodiazepina deve avvenire con un processo progressivo, per dare all’organismo la possibilità di adeguarsi alla lenta riduzione del farmaco.

Cos'è

La sindrome delle gambe senza riposo (SGSR) è caratterizzata da una sintomatologia sensitiva fastidiosa/dolorosa localizzata alle gambe e associata  a un irresistibile bisogno di muovere le gambe.

La malattia compare tipicamente a riposo , si attenua con il movimento, peggiora nelle ore serali e nella prima parte della notte, interferendo con il sonno generando insonnia. La malattia è cronica e tende ad aggravarsi , in frequenza ed intensità con il passare degli anni.

Questa malattia è conseguente ad un coinvolgimento del sistema dopaminergico centrale, con una riduzione dei recettori dopaminergici a carico dei gangli della base.  La malattia risponde ai farmaci dopamino-agonisti e tende a peggiorare coll’uso di farmaci anti-dopaminergici. La SGRS è particolarmente frequente nei pazienti affetti dal M. di Parkinson .

Come si cura

La terapia della sindrome delle gambe senza riposo (SGSR) si può effettuare con varie classi di farmaci.

I farmaci di primo impiego sono quelli ad azione dopamino-agonista, mentre oppiacei, clonazepam, , alcuni antiepilettici e la clonidina, sono di uso più limitato.

Si tratta di una terapia sintomatica , da protrarsi cronicamente e non sempre priva di effetti collaterali.

I farmaci dopamino-agonisti, vanno somministrati a dosi crescenti fino a trovare il dosaggio efficace. Tra questi ricordiamo:

  • I dopamino-agonisti di nuova generazione , come ropinirolo e pramipexolo, sono oggi considerati i farmaci di prima scelta.
  • la carbidopa/L-Dopa ad un dosaggio compreso tra 100/25 e 400/100 mg , sia nella formulazione pronta che in quella a rilascio prolungata, va somministrata alla sera prima che si manifestino i sintomi. I problemi principali che si possono incontrare con l’uso della L-Dopa sono due: 1) il rebound (vale a dire la ripresa dei sintomi nella nottata) e 2) il fenomeno dell’augmentation (cioè l’anticipazione dei sintomi durante la giornata, spesso in forma più grave).
  • altrattanto efficaci sono i dopaminergici a prevalente azione post-sinaptica, come bromocriptina, cabergolina e pergolide

I farmaci anticonvulsivanti rappresentano una seconda scelta della cura della SGSR. Tra questi, il composto più utilizzato è la carbamazepina, a dosaggio inferiore a quelli usati nella cura dell’epilessia.

Le ipersonnie sono caratterizzate da eccessiva sonnolenza, che si manifestano con addormentamenti diurni di durata variabile.

La valutazione di un paziente affetto da ipersonnia prevede necessariamente l’uso di esami strumentali (, incluso l’esame poligrafico notturno), per evidenziare eventuali disturbi del sonno notturno, che possa spiegare la sonnolenza diurna.

La causa più banale è la privazione cronica di sonno, nel qual caso è sufficiente modificare le abitudini di vita del soggetto.

Le forme più comuni sono la Sindrome delle apnee morfeiche ostruttive e la narcolessia.

Cos'è

Il sintomo iniziale della sindrome delle apnee morfeiche ostruttive (OSAS) è il russamento,rumore prevalentemente inspiratorio legato a subostruzione delle vie aeree superiori  durante il sonno. Con il tempo il russamento diventa sempre più frequente e di maggiore intensità nel corso della notte  e quindi compaiono le apnee. L’OSAS è associato a un aumentato tasso di mortalità.

L’OSAS manifesta sia sintomi diurni che sintomi notturni.

Tra i sintomi notturni, oltre al russamento e le apnee, si ricordano movimenti anomali o agitazione notturna e la nicturia (la nicturia è una patologia per cui si sente la necessità di alzarsi diverse volte durante la notte per urinare) .

Tra i sintomi diurni, la principale è la sonnolenza, progressivamente crescente, in cui il paziente si addormenta in situazioni non idonee (mentre lavora, mentre guida l’auto, etc). Altri sintomi sono la cefalea , deficit delle funzioni psichiche superiori e disturbi della sessualità.

Come si cura

La terapia principale della sindrome delle apnee morfeiche ostruttive è il calo ponderale . Ulteriori provvedimenti sono l’uso dell’apparecchio a pressione positiva d’aria per via nasale e diversi trattamenti chirurgici rivolti a ridurre l’ostruzione delle prime vie aeree.

Cos'è

La narcolessia è una ipersonnia cronica caratterizzata da attacchi incoercibili di sonno e dall’improvvisa intrusione di sonno REM nello stato di veglia.

I sintomi che fanno sospettare la narcolessia sono la sonnolenza diurna e gli attacchi cataplettici (la cataplessia è un disturbo che comporta una perdita temporanea e brusca delle funzioni muscolari senza perdita della coscienza).

Gli attacchi di sonno indesiderati si verificano sia in situazioni favorevoli (durante un’attività sedentaria o monotona), ma anche quando il soggetto è impegnato in una qualche attività.

Gli attacchi cataplettici sono costituiti da un’improvvisa diminuzione o perdita del tono muscolare sia globale (con caduta del paziente),  sia parcellare. Il Paziente non perde conoscenza. In genere gli attacchi cataplettici sono scatenati da uno stimolo emotivo importante  (paura, sorpresa, rabbia, riso, orgasmo sessuale)., ma possono verificarsi anche in assenza di stimoli emotivi. La durata è molto variabile, da 20 secondi a 30 minuti.

Come si cura

La terapia della narcolessia ha lo scopo di ridurre la sonnolenza diurna

Per gli attacchi di sonno si utilizzano farmaci psicotropi:

  • Modafinil è il più recente composto impiegato a tale scopo. Esso viene utilizzato alla dose di 200 mm al giorno, senza significativi effetti collaterali.
  • Anfetamine, peraltro non più in commercio in Italia. La forma meglio tollerata e più efficace risulta essere la metanfetamina e la fendimetamina.

Per gli attacchi cataplettici si utilizzano in particoare farmaci antidepressivi che inibiscono il sonno REM.

I farmaci più utilizzati sono gli antidepressivi SSRI (venlafaxina alla dose di 75-225 mg/die; paroxetina, alla dose di 20-60 mg/die)

Cos'è

I disturbi comportamentali del sonno, o parasonnie, sono prevalentemente legate alle fasi di sonno profondo NON-REM (fase 3-4) e non lasciano alcun ricordo al risveglio mattutino. Le forme più comuni di parasonnie sono:

  1. Il sonnambulismo
  2. le crisi di pavor notturno

Entrambe sono forme benigne, di nessuna rilevanza clinica , che nella maggior parte dei casi non necessitano di alcun trattamento.

Per contro, riveste grande interesse per il neurologo una altra forma di parasonnia

  1. i disturbi del comportamento in sonno REM (RBD)

Gli ERB sono caratterizzati da manifestazioni di agitazione motoria , con vocalizzazioni e movimenti estremamente polimorfi e, sul piano neurofisiologico, dall’assenza della classica atonia muscolare durante il sonno REM.

Il paziente può dare pugni, calci, aggredire verbalmente il suo compagno di letto ritenendolo un nemico, etc. Queste manifestazioni prevalgono nell’ultima parte del sonno notturno, perchè il tale periodo si esprime la maggior quantità di sonno REM.

Gli RBD esordiscono in età matura/presenile (50-60 anni) in forma sia primitiva, ma spesso in associazione a patologie neurodegenerative  del sistema nervoso centrale: l’atrofia multisistemica, la malattia di Parkinson, la sclerosi multipla, etc.

I pazienti di RBD, nonostante gli episodi di agitazione notturna, riferiscono un sonno riposante e non lamentano stanchezza di giorno.

Come si cura

La terapia dei disturbi del comportamento in sonno REM  trova come farmaco di prima scelta il clonazepam, con una monodose serale di 0,5-2 mg. L’effetto è generalmente immediato e non si osserva tolleranza anche dopo anni di trattamento. L’uso del clonazepam può dare luogo agli effetti indesiderati tipici delle benzodiazepine (confusione/ sonnolenza diurna) , come descritto in precedenza.

La melatonina , alle dose serali di 3-9 mg esercita un buon controllo degli RBD.

Nella prassi clinica, si usa con frequenza l’associazione della melatonica (6 mg) con clonazepam a basso dosaggio (0,5 mg) perchè sembra dare i migliori risultati clinici con il minore rischio di effetti indesiderati.

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